Preghiera e liturgia: fonte di vita divina e dono al popolo cristiano

Ha scritto il Papa Benedetto XVI: « […] Ho ritenuto che far iniziare l’Anno della fede in coincidenza con il cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II possa essere un’occasione propizia per comprendere che i testi lasciati in eredità dai Padri conciliari, secondo le parole del Beato Giovanni Paolo II, “non perdono il loro valore né il loro smalto. È necessario che essi vengano letti in maniera appropriata, che vengano conosciuti e assimilati come testi qualificati e normativi del Magistero, all’interno della Tradizione della Chiesa […] Sento più che mai il dovere di additare il Concilio, come la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX: in esso ci è offerta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre” . Io pure intendo ribadire con forza quanto ebbi ad affermare a proposito del Concilio pochi mesi dopo la mia elezione a Successore di Pietro: “se lo leggiamo e recepiamo guidati da una giusta ermeneutica, esso può essere e diventare sempre di più una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa”» ( La porta della fede n°5 ). È con la consapevolezza di  volerci inserire in questa “rilettura” della grande grazia che il Signore risorto ha voluto donare alla Chiesa, con la celebrazione del Concilio Vaticano II, che iniziamo in questo numero di Prospettive un “invito alla lettura” delle costituzioni dogmatiche e di altri documenti dello stesso concilio. La redazione mi ha affidato il compito di invitare a leggere la “Sacrosanctum Concilium”, la prima delle Costituzioni conciliari approvate (4 Dicembre 1963). Questo testo che fu approvato in maniera plebiscitaria , 2147 voti favorevoli, 4 contrari e 1 voto nullo veniva a coronare un cinquantennio di lavoro da parte del movimento liturgico che, pur avendo radici lontane (cfr. l’opera di  Muratori e di Rosmini) aveva preso le mosse dal motu proprio “Tra le sollecitudini” (1903) di Papa Pio X cui si devono le celebri espressioni circa la liturgia come “prima sorgente del genuino spirito cristiano” e della necessità della “partecipazione attiva” (actuosa partecipatio). Proprio a partire da questo documento di Pio X si sviluppò all’interno della Chiesa Cattolica un intenso fiorire di studi e di ricerche di carattere storico-teologico in riferimento alle fonti della Sacra Scrittura e dei Padri della Chiesa, di cui la Sacrosanctum Concilium porta un’evidente e ricca testimonianza. Infine, la lettera enciclica di Pio XII “Mediator Dei”, che accolse molte richieste del movimento liturgico e aprì le porte al dibattito conciliare. La Sacrosanctum Concilium si colloca allora, come del resto tutto il concilio, nel solco della vera e autentica tradizione della Chiesa dove si attua un salutare rapporto tra “sana tradizione e legittimo progresso” (Sacrosanctum Concilium §23) .Il giorno della promulgazione della Sacrosanctum Concilium, Paolo VI ebbe a dire : “Non è stata senza frutto l’ardua e intricata discussione su uno dei temi, il primo esaminato ed il primo, in certo senso, nell’eccellenza intrinseca e nell’importanza per la vita della Chiesa, quello sulla Sacra Liturgia, ed oggi da noi solennemente promulgato. Esulta l’animo nostro per questo risultato. Noi vi ravvisiamo l’ossequio alla scala dei valori e dei doveri: Dio al primo posto, la preghiera prima nostra obbligazione; la liturgia, prima fonte della vita divina a noi comunicata, prima scuola della nostra vita spirituale, primo dono che noi possiamo fare al popolo cristiano con noi credente e orante, e primo invito al mondo perché sciolga in preghiera beata e verace la muta sua lingua e senta l’ineffabile potenza rigeneratrice del cantare con noi le lodi divine e le speranze umane per Cristo e nello Spirito Santo”.

Davvero il concilio toglie la liturgia dalle secche di uno sterile ritualismo; o come già preannunciava Pio XII nella Mediator Dei da “un cerimoniale decorativo” o “da una mera somma di leggi e precetti con i quali si ordina lo svolgimento dei riti”, per guidarla invece nel grande mare dell’opera della salvezza che ha nel mistero pasquale il suo culmine e la sua fonte. Ecco che a tutti i battezzati la Liturgia è donata come la partecipazione nell’oggi dell’opera della salvezza che Dio in Gesù Cristo morto e risorto ha compiuto per tutti noi.

La nostra Costituzione, che presenta un linguaggio semplice e una composizione unitaria, è strutturata in sette capitoli, preceduti dal proemio ( §§  1 – 4). 

Il primo capitolo (§§ 5-46 ) tratta dei principi generali  per  la  riforma  e  la  promozione  della liturgia,  che  è  vista  come  complesso  di  segni sensibili ed efficaci che operano la salvezza attuata da “Cristo Signore, principalmente per mezzo del mistero pasquale” (§ 5). Per realizzare quest’opera di salvezza, Cristo si rende presente, unendo a sé la Chiesa (§ 7) e niente eguaglia la preghiera liturgica (§ 13). In questo capitolo poi, dopo aver precisato la necessità della formazione per una partecipazione attiva, si dispongono una serie di norme derivate dai principi:  norme generali, guidate dal duplice principio della fedeltà alla tradizione e al progresso (§§ 22-25) e norme particolari derivanti dalla natura gerarchica e comunitaria della Liturgia (§§ 26-32), da quella didattica e pastorale (§§ 33-36) e norme per un adattamento all’indole e alla tradizione dei diversi popoli (§§ 37-40). 

Il secondo capitolo (§§ 47-58) si occupa del Mistero Eucaristico, definito “convito pasquale” (§ 47): si raccomanda la consapevole, pia e attiva partecipazione dei fedeli, istruiti dalla Parola di Dio offerta con più abbondanza, e si danno disposizioni riguardo alla Comunione sotto le due specie e circa la concelebrazione (§§ 55-58).

Il terzo capitolo (§§ 59 -82) parla degli altri sacramenti e dei sacramentali prevedendo il ripristino del catecumenato, nonché la revisione dei riti del battesimo, della penitenza, dell’unzione degli infermi, da non chiamarsi più “estrema unzione”, dell’ordine e del matrimonio, dei sacramentali, della professione religiosa, dei riti funebri.

Il capitolo quarto (§§ 83-101) considera l’ufficio divino, compreso come espressione della lode incessante che, quando è celebrato insieme, diventa “ veramente la voce della sposa che parla allo sposo” (§ 84).

Il capitolo quinto (§§ 102-111) parla dell’anno liturgico, che “distribuisce nel corso dell’anno l’intero mistero di Cristo, dall’incarnazione e dalla natività fino all’ascensione, al giorno di pentecoste e all’attesa della beata speranza e del ritorno del Signore” (§102).

Il capitolo sesto (§§ 112-121) tratta della musica sacra, di cui sottolinea la natura ministeriale (al servizio della gloria di Dio e della santificazione dei fedeli), sostenendo che “ il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria e integrale della liturgia” (§ 112).

Il settimo capitolo (§§ 122-130 ) infine, considera l’arte sacra riconoscendo che la Chiesa non ha mai avuto come proprio uno stile artistico, ma – secondo l’indole e le condizioni dei popoli e le esigenze dei vari riti – ha ammesso le forme artistiche di ogni epoca. (§ 123).

Concludendo questa breve e incompleta presentazione della ricchissima Costituzione sulla Liturgia mi pare di poter dire che il nucleo centrale della riflessione e dell’acquisizione conciliare sia nel considerare la liturgia cristiana come il luogo dell’incontro salvifico tra Cristo e la Chiesa. L’elemento teologicamente più significativo è il fatto che la Liturgia opera la salvezza; per suo mezzo infatti “si attua l’opera della nostra redenzione” (§ 2). Il celebrare, allora, non si oppone all’annunciare, ma rende sacramentalmente presente il Mistero Pasquale proclamato con la Parola (cfr § 6). Il celebrare non è un “cerimoniale” nè un partecipare a delle “funzioni”, ma un inserirsi nella vita nuova donataci da Cristo con la sua passione, morte e risurrezione. Una vita nuova che poi ci invia nel mondo ad essere, con la nostra vita, segni gioiosi ed efficaci di questa salvezza che abbiamo ricevuto in dono.
Don Giovanni Martini