Introduzione alla LUMEN GENTIUM

Il documento riprende il lavoro, interrotto, del Vaticano I e lo porta a maturazione rovesciando la prospettiva da cui guardare la chiesa: da una gerarchia che governa un popolo cristiano, ad un popolo di Dio che vive grazie ai carismi dello Spirito santo.
Se i laici, si è pensato, sono solo una parte del popolo di Dio vuol dire che questa categoria è generale e ingloba tutti.

La Costituzione dogmatica sulla chiesa risulta strutturata in otto capitoli, secondo il seguente schema:
cap. 1: Il mistero della chiesa (paragrafi 1-8)
cap. 2: Il popolo di Dio (paragrafi 9-17)
cap. 3: La costituzione gerarchica della chiesa e in particolare l’episcopato (paragrafi 18-29)
cap. 4: I laici (paragrafi 30-38)
cap. 5: La vocazione universale alla santità nella chiesa (paragrafi 39-42)
cap. 6: I religiosi (paragrafi 43-47)
cap. 7: L’indole escatologica della chiesa pellegrina (paragrafi 48-51)
cap. 8: La Beata vergine Maria Madre di Dio nel mistero di Cristo e della chiesa (paragrafi 52-69)

La LG traccia una nuova ecclesiologia o, meglio, riordina l’ecclesiologia, sbilanciata finora sugli aspetti giuridici, mettendo in relazione quattro fattori:
– l’autorità che raccorda in continuità storica la chiesa agli apostoli e quindi al Gesù storico
– la Parola e i sacramenti (in primis l’eucaristia) che edificano e nutrono la chiesa posta sotto l’azione del Cristo celeste
– i carismi che lo Spirito Santo suscita dappertutto e sempre, rigenerando sempre da capo la chiesa
– i valori umani diffusi nella storia

1. IL MISTERO DELLA CHIESA
Il nuovo schema sulla chiesa, voluto dai padri conciliari in sostituzione del precedente, ha un punto di partenza chiaramente cristocentrico (n.1): «Cristo Signore è la luce delle genti», come afferma l’incipit. Con questo, si accantonano di colpo ben quattro secoli di controversie fra cattolici e protestanti, andando a quanto li accomuna, cioè a Cristo come riferimento essenziale. Non solo, ma si passa subito alla scelta principale della costituzione e del capitolo, che è la scelta trinitaria, visione che già San Paolo e i Padri della Chiesa avevano presentato, soprattutto con la teologia africana dei ss. II (Tertulliano: «La Chiesa è il corpo della Trinità») e III (Cipriano: «La Chiesa è un popolo adunato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo»).
Un ritorno alla Bibbia porta, poi, a sconfiggere ogni identificazione tra chiesa e regno di Dio. Questo si identifica con Cristo stesso; quella è il suo germe e inizio – non realtà piena e perfetta, ma solo avvio e promessa.

LG 1 – «La Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano»
Nella sua autocoscienza la chiesa sa di esistere per presentare al mondo la figura autentica e il vero messaggio del Regno, restando consapevole di non identificarsi con il Regno di Dio. La chiesa deve confrontarsi con la grandezza del Regno che porterà a considerare se stessa come “segno e strumento”, nulla di più del seme gettato nella terra, della rete calata nel mare, del sale che si mescola per dar sapore e del lievito che si nasconde per far lievitare.
La LG ci presenta la chiesa non come il Regno di Dio realizzato in questo mondo ma, più modestamente, come un segno che indica la mèta finale verso la quale si muove la storia e come strumento capace di diverse anticipazioni della sua venuta fra gli uomini. Ne deriva che il rapporto fra la chiesa e il mondo è un rapporto a tre: la chiesa è al sevizio del mondo per indicargli il Regno e camminare insieme con il mondo verso il Regno. (Cfr. Gaudium et Spes 39-40)

LG 8 – «la Chiesa, che comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento».
Su questa coscienza umile di una chiesa che sa essere pellegrina nel mondo, in cammino assieme a tutti gli uomini, essa fonda il suo programma di rinnovamento.
Riconosce che la sua storia nel mondo è intessuta di tentazioni e di peccati. Così la chiesa, nel suo pellegrinaggio verso il Regno, è chiamata a non cercare alcuna affermazione di sé con la potenza né dei miracoli, né della ricchezza e dei poteri umani. La sua fiducia deve andare solo a Dio e l’unica sua forza davanti al mondo deve essere la parola di Dio, con la quale essa è chiamata ad offrire al mondo la speranza che attinge dalla fede nel Regno che viene.

LG 8 – «Gesù Cristo “che era di condizione divina… spogliò se stesso, prendendo la condizione di schiavo” (Fil 2,6-7) e per noi “da ricco che era si fece povero” (2 Cor 8,9): così anche la Chiesa, quantunque per compiere la sua missione abbia bisogno di mezzi umani, non è costituita per cercare la gloria terrena, bensì per diffondere, anche col suo esempio, l’umiltà e l’abnegazione».
Corpo di Cristo, per la sua partecipazione alla sua vita e alla sua morte, la chiesa non può che seguire Cristo nella sua rinuncia all’esercizio di un potere mondano. Quando il potere è inteso come scopo della vita, materializzazione dell’orgoglio e dell’egoismo, sopraffazione dell’uomo sull’uomo, è evidente la sua incompatibilità con il vangelo. Ma anche quando il potere fosse inteso come puro strumento per realizzare ideali validi, quando fosse cercato come mezzo per la proclamazione e l’attuazione del vangelo, per la chiesa costituisce sempre un problema e spesso una tentazione. Neppure nel difendere la propria esistenza e la propria libertà la chiesa può usare strumenti e metodi di lotta tipici dei poteri mondani: la sua fiducia è solo nel Signore. Ancora di più: è necessario che essa non accetti alleanze che possano identificarla con determinate ideologie, movimenti politici o gruppi di potere.
D’altra parte la chiesa non può ignorare di avere un reale peso nel mondo e allora non avrà che una scelta: gettarlo sulla bilancia in favore dei poveri, di coloro che subiscono l’ingiustizia del mondo. Il potere della chiesa ha un solo uso legittimo, quello in favore di chi non ha potere.

2. IL POPOLO DI DIO
LG 9 – «Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse secondo la verità e lo servisse nella santità. […] I credenti in Cristo […] costituiscono “una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una nazione santa, un popolo tratto in salvo… Quello che un tempo non era neppure popolo, ora invece è popolo di Dio(1 Pt 2,9-10)»
Il concilio Vaticano II sceglie come figura di fondo sulla quale impostare il suo discorso sulla chiesa quella del popolo di Dio. I padri conciliari avvertono l’urgenza della propria vocazione di salvare e di rinnovare ogni creatura, affinché tutto sia ricapitolato in Cristo e gli uomini costituiscano in lui una sola famiglia ed un solo popolo di Dio.
La chiesa nasce dal dono dello Spirito di Cristo, il Messia, perciò si parla di «popolo messianico»:
– il capo è solo Cristo morto-risorto e non altri sovrani;
– vi è uguale dignità di tutti in quanto liberi figli di Dio;
– la sola legge è la carità coma la incarna Cristo stesso;
– il fine è il regno di Dio.
Come popolo “messianico” ha ereditato, la stessa missione di Gesù: sacerdotale, profetica e regale.
In quanto destinatario della salvezza, tutto il popolo è sacerdotale pur nella distinzione tra il sacerdozio «ministeriale» e quello «comune». Il primo in funzione della piena realizzazione del secondo.
Il compito dell’evangelizzazione sarà quindi “dovere fondamentale del popolo di Dio” non esclusivo di qualcuno nella chiesa: “ tutti i fedeli hanno il dovere e il diritto di impegnarsi perché l’annuncio divino della salvezza si diffonda sempre più fra gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo” (Diritto Canonico can. 781 e 211).
«Il nuovo popolo di Dio non ha bisogno della mediazione di specifici sacerdoti: i ministri della chiesa nel Nuovo Testamento non saranno mai chiamati con questo nome. Piuttosto è essa stessa, in quanto popolo unito per l’unione di fede dei credenti in Gesù, a costituire il tempio di pietre vive, nel quale si offrono sacrifici graditi a Dio, cioè tutte le opere compiute nella fede, nello Spirito di Cristo» (Severino Dianich, La chiesa mistero di comunione).
Si deduce che il fondamento del sacerdozio non è quello che si riceve con il sacramento dell’ordine (diaconi, preti, vescovi) ma quello di tutti i fedeli che si riceve nel battesimo. L’espressione fondamentale di questo sacerdozio comune, più che nelle azioni liturgiche, consiste nell’offrire a Dio quel “sacrificio di lode” che è la professione di fede proposta agli uomini con le parole e con le opere. È agire sacerdotale della chiesa l’operare quotidiano di ogni fedele che mette al servizio del bene comune le sue attitudini e le sue competenze, compie i suoi doveri familiari, professionali, sociali e politici, nello spirito della fede, con giustizia e carità.
Il popolo di Dio è anche profetico in quanto annuncia, con la sua vita e la sua testimonianza attiva, la verità di Dio. Questo coinvolge anche il principio della infallibilità che attiene al credere della chiesa prima che alla sua azione di insegnamento. In altre parole, prima la chiesa crede, poi il magistero insegna infallibilmente.
Per quanto riguarda la missionarietà la LG considera che, essendo il Regno di Dio non di questo mondo, la chiesa non si identifica in alcuna cultura e, nello stesso tempo, si incarna in tutte le culture perché ciascuna si apra a Dio.

3. L’EPISCOPATO E LA COSTITUZIONE GERARCHICA DELLA CHIESA
In continuità con il Vaticano I, il Concilio riafferma l’apostolicità della Chiesa. I Vescovi, successori degli apostoli, hanno il compito di santificare, governare e accrescere il popolo di Dio loro affidato. Essi sono sempre parte di questo popolo e vi svolgono un servizio di presidenza che garantisce l’unità del popolo stesso.
A loro volta, i Vescovi non agiscono soli, ma in comunione tra loro nella dimensione del Collegio apostolico che poi si articola sul territorio di tutto il mondo.
La garanzia della loro comunione è data dal ministero del Vescovo di Roma, il Papa, che diventa testimone e garante della comunione episcopale e, attraverso di essa, della comunione di tutte le chiese particolari che sono «formate a immagine della chiesa universale»;
Il magistero infallibile dei vescovi, in analogia con quello del Papa, si dà a quattro condizioni: la loro concordanza, la comunione della propria chiesa particolare, si occupino della dottrina circa la Parola di Dio e intendano dare “sentenza definitiva”.
Solo il Vescovo ha la pienezza del sacerdozio e quindi la piena autorità di istruire, santificare e governare. Il solo limite risiede nella comunione con il Collegio apostolico e, insieme a tutti, nella sottomissione alla Parola di Dio e all’azione dello Spirito santo.
Per la sua azione si avvale di collaboratori che sono i presbiteri per la presidenza, e i diaconi per il servizio.

4. I LAICI
Il concilio abbandona la definizione in negativo tradizionalmente data dei laici: coloro che non sono chierici o religiosi.
Sono invece i membri del popolo di Dio portatori del loro ministero sacerdotale, profetico e regale esercitati in modo comune:

LG 31
– Il carattere secolare è proprio e peculiare dei laici. […] Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio. Vivono nel secolo, cioè implicati in tutti i diversi doveri e lavori del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta.
La LG considera la figura del laico parte essenziale e attiva della chiesa. Il laico ha nel cuore della sua vocazione proprio il servizio del regno di Dio dentro il mondo, cooperando al suo sviluppo e alla crescita di tutto ciò che nel mondo è frutto autentico della provvidenza del Creatore e dello Spirito santo.
Il laico è protagonista della missione della chiesa, della comunicazione delle fede, a cominciare dall’ambito della propria famiglia, nella sua trasmissione ai figli, fino a raggiungere gli ambienti del proprio lavoro e della città in cui vive. È anche chiamato a collaborare all’opera specifica del ministero ordinato ed ha diritti e doveri nel determinare la conduzione della propria comunità.
Il suo carisma più specifico, però, è quello di mostrare attraverso il suo impegno politico e sociale, nel suo lavoro, nel dialogo e nella collaborazione con gli altri uomini, nella sua presenza attiva di cristiano nella famiglia e nella città, il regno di Dio che viene.

Bibliografia

SEVERINO DIANICH, La chiesa mistero di comunione, ed. Marietti 2011.
AA.VV., Il Concilio Vaticano II, inserto di “Famiglia Cristiana”, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2005. In particolare, vedi R. AUBERT, Lo svolgimento del Concilio, pp. 209-335.
ATI, La Chiesa e il Vaticano II. Problemi di ermeneutica e recezione conciliare, Glossa, Milano 2005.
L. SARTORI, La “Lumen Gentium”. Traccia di studio, EMP, Padova 2005.
G. ALBERIGO, Breve storia del concilio Vaticano II, ed. Il Mulino 2005.
L. BETTAZZI, Non spegnere lo Spirito. continuità e discontinuità del Concilio Vaticano II, ed. Queriniana 2006.
A. MELLONI – G. RUGGERI, Chi ha paura del Vaticano II?, Ed. Carocci 2009.